Due anni orsono

A pensarci fa un po’ impressione.

Quando la Bubi aveva gli stessi mesi del Bubino sono rimasta incinta di nuovo. E siccome l’abbiamo cercato e voluto, verrebbe da dire che un tantinello incoscienti lo siamo stati.

E’ stata dura non lo nego. Anzi, è ancora dura per tanti aspetti. La vita privata che non esiste. I tempi di coppia praticamente azzerati. Il vedere un film svaccati sul divano che diventa un lontanissimo miraggio. Un cinemino poi non ne parliamo. Una specie di chimera.

Però.

Quando si intrattengono da soli mentre guido. Lei che gli fa le facce buffe e lui che si scompiscia dalle risate. Lei che fa i versi degli animali e lui che risponde a tono. Lei che canta e lui che balla a ritmo muovendo il culetto nel seggiolino e agitando le mani.

Quando il Bubino si sveglia piangendo nel suo lettino e la Bubi accorre ancora prima di noi e gli sussurra: “Non ti preoccupare, Bubino, la mamma e il papà arrivano subito”.

Quando torniamo da scuola. E il Bubino le butta le braccia al collo. E tutti e due si stringono in un abbraccio portentoso che li fa il più delle volte ruzzolare per terra ridendo.

Quando siamo con altri bambini e magari uno di loro distrattamente strattona il Bubino. E la Bubi con occhi di ghiaccio, incurante delle dimensioni del soggetto, gli sibila: “Non toccare mio fratello, hai capito?!?”.

Quando mi preparo al primo della lunga serie di “vai a lavarti le mani che è pronto”. E poi li scopro insieme in bagno. Lei che si lava le mani da sola. Lui che la osserva. “Vedi come si fa, Bubino?”

Quando si ritrovano insieme nel lettone. Un lettone che poco prima dell’alba diventa puntualmente a quattro piazze. E il Bubino che si butta addosso alla Bubi. E la Bubi che nel dormiveglia se lo stringe vicino e dice “Vuoi le coccole, Bubino?”. E gli accarezza la testina. Dolcemente.

Che dire.

Son soddisfazioni.

Per il cinemino ci sarà tempo.

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Narrabant antiqui poetae Sirenas

Mamma, dai che sei stanchissima.

Non mi freghi, Bubi.

Dai, che ti addormenti subito.

No.

Dai.

Ho detto di no. Si dorme nel tuo lettino, questa è la regola.

Mamma, restiamo qui nel lettone. Senti che calduccio.

[Dalle argute labbra della sirena tentatrice sortisce un canto ammaliatore. Resisti, o Giulia, resisti. Con metaforica cera il tuo orecchio tura, che non possa penetrarvi la voce. Delle palpebre tue pesanti non ti curare. Non ti distragga dall’obbiettivo tuo altissimo la lunga e gravosa giornata appena conclusa.]

Coraggio, Bubi. Andiamo in camera tua.

Uffa. Io sono stanca. Non riesco a camminare.

Vieni qua. Ti prendo io. Fai silenzio, che il Bubino dorme.

Il Bubino è proprio bello.

Sì, hai ragione.

Te lo dico tutte le sere, vero?

Sì, me lo dici tutte le sere. Adesso chiudi gli occhietti che è tardissimo.

Sei bellissima, sai, mamma?

[Con le sue lusinghe la sirena perdura, alzando la voce bellissima, suono di miele. Resisti, o Giulia, resisti.]

Grazie, tesoro. Adesso però fai le nanne.

Se una persona cattiva ti dice cose cattive, tu ricordati sempre che sei bella e che sei buona. Ricordati, eh?

Va bene, amore, me lo segno. Ora dormi.

….

Mamma?

Cosa c’è adesso?

Tieni.

Cosa?

Una caccola.

Letto lettino lettone

“Il lettino con le sbarrette è brutto!”

“E a chi lo diamo?”

“Al Patato. Lui è piccolo. Io sono grande.”

“E tu allora dove dormi?”

“Nel lettone”

“Ma non hai visto il letto nuovo?”

“Non lo vollio”

“Ma non ha mica le sbarrette. Guarda, puoi salire e scendere da sola”.

“Mmmm”

“Se ti svegli non serve più che mi chiami. Scendi da sola”.

“Mmmmmm”

“E poi è abbastanza grande ci sta anche la mamma”.

“Bene. Vieni qui anche tu, mami”

Grande. Con un’unica mossa ho vanificato il lavoro di un anno.

La Bubi si addormentava da sola nel suo lettino. Ora mi devo sdraiare con lei tutte le sere.

La Bubi faceva almeno 8 ore di sonno filate senza svegliarsi fino al mattino. Ora si sveglia verso le 4.00 e viene automaticamente in camera nostra. Senza neanche fiatare si infila sotto le coperte come fosse un suo diritto inalienabile.

Certe volte farei meglio a stare zitta.

Anniversario

Non che ci aspettassimo grandi cose, con due figli piccoli. Ma neanche questa memorabile serata di passione.

Ore 20.00. La Bubi accusa già segnali della ben nota “Sindrome da Stanchezza Eccessiva”, detta anche “Capriccio Ribelle”. I sintomi sono chiaramente identificabili:

  1. Mancanza di appetito selettiva: qualsiasi cosa è “non lo vollio”, a meno che non si venga imboccati seduti sul divano davanti ad un cartone e a meno che non appartenga alla categoria gelati/dolci/cioccolato.
  2. Rifiuto aprioristico di qualsiasi proposta proveniente da un genitore: qualsiasi invito riceve un secco “no”. Il contenuto della proposta è totalmente ininfluente. Fosse anche “andiamo in sala giochi?”, lei risponderebbe “no”. Comunque.
  3. Reazione totalmente incontrollata al solo pronunciare le parole “nanna”, “dormire”, “cameretta”, “lettino”. Sembra impossibile, ma più i bambini sono stanchi e più non vogliono andare a dormire. Chi può, questa me la spieghi per favore.

Ore 21.30. Dopo aver lottato duramente per addormentare il Patato, che respira male e russa sonoramente, riesco a convincere la Bubi a salire. Ma la preparazione per la nanna, che potrebbe durare 5 minuti netti, finisce per diventare un’odissea. Dentini? No. Pigiamino? No. Pannolino? Nooooooooooo. Finisco per lavarle i denti tenendola in braccio, completamente nuda e urlante. La pazza vorrebbe restare così tutta la notte.

Decido di forzare un po’ le cose e le infilo il body. La Bubi si trasforma in una creatura a metà tra la Linda Blair de “L’Esorcista” e il vulcano Eyjafjallajökul. L’indemoniata mi picchia, erutta vomito, raggiunge decibel difficilmente sopportabili da qualunque orecchio umano.

E quindi sveglia il Patato. Interviene il Papais, mentre pulisco i residui dell’eruzione. Miracolosamente la Bubi accenna un “sì” ad una tazza di latte e miele. Ne beve metà e starebbe già per crollare, se non fosse per le urla di suo fratello che prolungano l’agonia.

E’ mezzanotte quando sono tutti e due finalmente addormentati. Mi accorgo che il Patato scotta, accidenti, ha la febbre. Passerà la notte in braccio, svegliandosi ogni mezz’ora.

Buon anniversario, Papais.