Scoperta

 Tre settimane fa.

“Giulia, sei a pezzi. Hai l’umore più nero delle vendite a Cortina, ti incazzi per ogni piuma che cade, non hai mai tempo per te, la tua igiene personale fa schifo, non parliamo della depilatio, son giorni che non riusciamo nemmeno a parlare insieme. Quindi ho preso una decisione. Da oggi faremo una sera io e una sera tu. Oggi tocca a me. Metto a letto io i Bubini.”

La prime due sere ho fatto finta di andarmene di casa. Mi sono nascosta in lavanderia per non farmi sentire. Al buio. E anche piuttosto al freddo.

Dopo le reazioni inconsulte del Papais e del mio intestino (non contemporaneamente), ho deciso che era ora di finirla con i sotterfugi. La Bubi doveva accettare la cosa e basta. [n.d.a. Per il Bubino il problema non si è mai posto. Lui si mette nel suo letto e dorme, incurante di chi ce lo abbia messo].

La prima volta la Bubi ha piantato un dramma che neanche Eleonora Duse. Io ho tenuto duro. Solo perché il Papais mi ha minacciato di una morte lunga e dolorosa se avessi ceduto. La seconda sera ha frignato senza urlare e mi ha chiesto di rimanere con lei solo finché finiva il latte. E poi basta.

Ora la routine è diventata questa. Una sera il papà, una sera la mamma. Liscio come l’olio.

Tre settimane fa.

“Giulia, Bubino oggi ha chiesto di restare senza pannolino. Domani ricordati di portare al nido tre paia di mutandine e tre paia di pantaloni di ricambio.”

“Cosa? Come? Dove? Ma non c’è scritto in tutti i libri che lo spannolinamento si fa in estate? Ma io non sono pronta, non ho comprato niente, a casa ho solo body, non ho canottiere, non ho magliette, e non posso mica mettergli gli slip di sua sorella, quelli con i Barbapapà sono anche carini, ma quelli di Bambi, no, eh? Che poi io sono per crescerli senza preconcetti maschio/femmina, ma questo mi sembra troppo…”

“Giulia, stai tranquilla. Possiamo cominciare anche lunedì.”

Mi aspettavo una lunga maratona tra pozzanghere e rifiuti (vedi qualche mio post di ormai 2 anni orsono qui e qui).

E invece il Bubino sta ormai asciutto tutta la mattina. E gran parte del pomeriggio. E -udite udite-anche di notte. Con la cacca siamo ancora in rodaggio. Quel canederlo marrone gli suscita ancora una certa curiosità ed è più bello ammirarlo che farlo tuffare nel water. In ogni caso, vedermi quel nano girare per casa con le mutandine nere e la maglietta grigia, gli stessi colori del Papais, mi fa saltare il cuore.

E sono rimasta elettrizzata da questa scoperta.

I problemi riescono a risolversi senza che io faccia fondamentalmente un cazzo.

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Di gelosia non ce n’è una sola. La quarta fase: e mo’ so’ cavoli amari

O chiamo l’esorcista. O faccio un bel mea culpa.

La Gelosia è infida. Quella fetente si infila dietro altri problemi. Si nasconde. E poi fa esplodere tutto con la sua forza dirompente.

Si è intrufolata nel bel mezzo delle prove da spannolinamento. La Bubi stava andando alla grande. Dopo solo una settimana di rodaggio, non si bagnava più. Chiamava pipì e anche cacca. Grandi feste e grandi lodi da parte nostra. Io che già mi sentivo più in gamba di Tata Lucia.

Poi qualcosa è saltato.

Rifiutava di andare a far pipì. E puntualmente se la faceva addosso subito dopo. Non potevo essere certa che fosse voluto, ma ne aveva tutta l’aria.

Contemporaneamente è esploso il Capriccio Inconsulto. Ogni minima cavolata era un braccio di ferro.

Partiva fin dal mattino. Non voleva scendere per far colazione. Non voleva vestirsi. Non voleva il latte. Non voleva i cereali. Non voleva uscire, ma non voleva neanche stare a casa. Non voleva dormire, ma era stanca. Non voleva e basta. Urlava correndo via come una pazza. Si buttava a terra. Tirava calci. Arrivava anche a provocarsi il vomito dalla rabbia (l’ho raccontato qui).

Mi mandava in bestia in ogni modo possibile. E ci riusciva. Eccome se ci riusciva.

E intanto il Patato cresceva più delizioso che mai. Estasiata dai suoi gridolini e dai suoi gorgheggi, cercavo di passare più tempo possibile sola con lui. Sì, preferivo lui. Eccheccavolo, sì. Lo ammetto. Preferivo di gran lunga stare con lui. Perché lui non faceva discussioni. Perché farlo divertire era semplice. Perché si lasciava vestire, imboccare, lavare. Perché dormiva senza rognare.

Ad un certo punto ho avuto l’illuminazione (non è stata così immediata, eh? mica son così sveglia!). Nella testa della Bubi io volevo più bene al Patato perché lei era cattiva. E me lo stava dimostrando. Il muro contro muro non portava a niente. Dava solo altri argomenti alla sua tesi. Più mi mostravo inflessibile, severa, intollerante, più lei si convinceva di essere “quella cattiva”.

Il periodo più pesante è durato un paio settimane. Poi ho cambiato rotta con una severa autocritica (l’ho raccontata in parte qui). Mi sono ammorbidita e rilassata (per modo di dire).

Stiamo cercando di non crearle ulteriore stress con lo spannolinamento. Ormai sono quasi due mesi che abbiamo tolto ‘sto benedetto pannolino. Gli incidenti capitano ancora. Ma cerchiamo di trattarli come tali senza farci domande inutili.

Cerchiamo di non reagire ai suoi capricci con il braccio di ferro. Ho inventato l’angolo del capriccio, ma tento di usarlo il meno possibile.

Per ottenere quello che vogliamo abbiamo scoperto che dobbiamo aggirare l’ostacolo distraendola. Parliamo parliamo e parliamo in continuazione. La stordiamo di parole e racconti, veri o inventati. Abbiamo capito che dobbiamo stimolare la sua fantasia per farle fare le cose, trasformare tutto in un gioco. Non è sempre facile, soprattutto quando si hanno i minuti contati e i nervi a fior di pelle. Ma al momento è l’unica strategia che funziona.

La fase attuale non ha ancora i contorni ben precisi. Ci son ancora Piccole Regressioni. E ci sono anche Capricci Inconsulti. Più il Patato cresce più la Gelosia della Bubi si evolve. Come un mostro mitologico dalle mille facce.

Ho imparato a tenere gli occhi aperti. E stai tranquilla, fetente di una Gelosia. Prima o poi vincerò io.

Cara mamma ti scrivo

Sei una brava mamma. Ma leggi troppo e mi ascolti poco.

Ti fai influenzare dai consigli degli altri (nonni, amici, blogger, guru della psicologia infantile), ma spesso ti basterebbe guardarmi di più per trovare la soluzione. Perché io non rientro nelle categorie dei libri. Perché io ti spiazzo e ti sorprendo. Perché sono unica e speciale.

Te l’ho detto io che non volevo più il pannolino. Ero molto orgogliosa di avere le mutandine come le ragazzine grandi. Tu però potevi evitare di raccontarlo a tutti. Ma proprio a tutti, eh? Anche al panettiere e allo sconosciuto di passaggio. Te lo devo dire io, che ho solo due anni, che la pipì e la cacca son cose private? Personali? Io sono brava sempre. Non solo quando centro il vasino. Non puoi ogni tanto decantare la mia torre di Lego anziché la torre di cacca che ho appena fatto? Le mie deiezioni non possono essere l’unico argomento della nostra giornata. Non possiamo passare le ore con te che mi tampini: “Ti scappa pipì?”. Eccheppalle. Certe volte ti rispondo di no apposta. Per partito preso.

Non voglio mai fare la nanna al pomeriggio. Ci metti anche un’ora per addormentarmi. Ti faccio impazzire. A volte piango, urlo, mi dispero. A volte mi metto a saltare come un grillo sul letto. A volte crolli tu e io sgattaiolo fuori senza che tu te ne accorga. Ti sei mai chiesta se forse non ho più bisogno del sonnellino? Chi l’ha detto che a due anni e mezzo è troppo presto per toglierlo? Sono stata precoce in tante cose perché non in questa?

Quando la cena è pronta, due volte su tre non vengo a tavola. Non vedi che sto finendo un gioco? Non vedi che c’è il cartone? Non vedi che il papà è appena arrivato e voglio passare un po’ di tempo con lui? Oppure certe volte voglio solo che tu insista un pochino. Che delizia quando mi vieni a prendere arrabbiata. Magari abbandonando il Patato che era in braccio tuo. Perché io lo adoro, quel Patato lì. Ma sono anche un po’ gelosa, a modo mio. Ti voglio tutta per me, certo. E che male c’è?

Anche se in ritardo, alla fine ci arrivi, mami. Aspetterò l’adolescenza per dirti che sei un po’ rincoglionita. Ma ti voglio bene lo stesso.

Prove tecniche senza pannolino

E’ successo così, senza preavviso.

Sabato pomeriggio la Bubi ha annunciato: “Non voglio più il pannolino. Io sono grande.”

Squillino le trombe. Rullino i tamburi. Abbiamo superato miracolosamente le conseguenze nefaste della crisi regressiva, pensavo tra me ripassando mentalmente i vari consigli di SOS Tata sull’argomento.

Eccovi il bilancio di due ore senza pannolino.

Pozzanghere di piscio in tutta casa. Chi è ancora convinto che la pipì dei bambini sia acqua santa, probabilmente non ha mai annusato quella di un bambino di due anni.

Numero di cambi totali: sette. Non a caso coincide con il numero totale di mutandine presenti in casa.

Volte in cui la Bubi è riuscita a centrare il vasino prima di farsela addosso: zero.

Sono rimasta tranquilla. Sono rimasta dolce. Ma vi assicuro che dopo la sesta volta in cui l’ho pulita l’ho consegnata a suo padre senza tanti complimenti.

E subito dopo ho sentito uno strano rumore. Era il Papais che asciugava con il phon il DVD de “La bella addormentata nel bosco”. Da oggi la Principessa Aurora ci ricorderà per sempre questa giornata. Con il suo acre, inconfondibile odore di piscio.