Mai senza nonni

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E leggetevi anche l’intervista al Nonnoprof su genitoricrescono!


Sarò sincera. Ero un’orgogliosa indipendentista.

Una che ci teneva a mantenersi da sola. A farcela con le proprie forze. A chiedere aiuto ai miei solo se strettamentissimamente necessario.

Al liceo sfruttavo solo raramente il brillante latinista che albergava nel Nonnoprof. All’Università trovavo mille modi per sbarcare il lunario, anche se i miei non me l’avevano mai chiesto. Sono (soprav)vissuta all’estero con una borsa di studio da 800 euro, fiera di non dover domandare un centesimo a chicchessia.

Lo ero. Appunto.

Come per 25,000,000 altre cose, anche su questo punto la maternità mi ha trasformata. Adesso “Mai senza nonni” è addirittura una sezione del blog.

E’ stata colpa soprattutto della bismaternità, devo dire.

Quando avevo la Bubi soltanto, il mio spirito indipendentista se ne spuntava fuori prepotente in ogni occasione. Dalla gestione della casa. Che mi ostinavo a voler sbrigare da sola già a una settimana dal parto. Alla gestione della Bubi. Che volevo crescere insieme al Papais, con lui soltanto, senza intromissioni, senza aiuti.

I casi della vita mi hanno riportato sulla terra.

Da un lato c’era il nido, che costava una follia ed era un mefitico covo di virus. La Bubi in un anno se li è beccati tutti, compresa la broncopolmonite da micoplasma pneumonie. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la bronchiolite, passata al povero Bubino, che a neanche due mesi si è ritrovato in ospedale attaccato alla bombola dell’ossigeno.

Dall’altro lato c’era lui. Il Nonnoprof. Disponibile, attento, premuroso e gratuito.

Poveretto. All’inzio gli abbiamo stracciato i maroni a furia di raccomandazioni. Io, mia madre (Nonnasanta), mia suocera. Tutte noi, donne senza fede, brutalmente private del loro ruolo da un nonno maschio. Che per di più si è rivelato bravo. Molto più bravo di noi, per tanti aspetti.

Mio padre non è stata una scelta di comodo. E’ stata (ed è) una manna dal cielo.

Soprattutto ora con la bismaternità, quando i giochi ad incastro sono diventati paurosamente complicati. Poter contare sui miei mi dà respiro. E’ una grande fortuna. Ma siccome voglio essere sincera, vi dirò che questo non sempre mi rende felice. E’ il mio orgoglioso tarlo indipendentista che se ne rispunta fuori e lavora ai fianchi.

Mi ricordo i primi tempi della bismaternità. Il Bubino che poppava ogni due ore. La Bubi in piena crisi regressiva, che mi voleva sempre tutta per sé. Nonnoprof e Nonnasanta che si davano il turno per darmi una mano. In pratica non ero mai sola. Invece che rasserenarmi, però, tutto questo aiuto mi dava una grande insicurezza. Mi tempestavo di domande: ma ce la farò mai a gestire da sola i miei due figli? Se ce la fanno le altre perché io non ci riesco, stupido essere incapace? I miei genitori hanno cresciuto me e mio fratello senza aiuti, perché io senza di loro sono persa?

Quando mio padre se n’è accorto, ha cominciato a prendersi impegni. Apposta. Per diminuire gradatamente la sua presenza in casa. E’ stato mitico. Piano piano mi sono accorta che ce la facevo. Magari scleravo, ma ce la facevo. E la mia autostima ha ringraziato.

Nonnoprof e Nonnasanta ogni tanto mi fanno questa domanda: “Mi pare che non abbiamo fatto danni finora, vero?”

Mamma, papà, non ne avete fatti. Per niente. E ne farete sempre di meno se ogni tanto pensaste a voi stessi. Ma questo è compito mio. Perché lo so che voi non andreste neanche in vacanza, pur di badare ai Bubini. Non si può approfittare dei tossicodipendenti.

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Santa subito

Nonnasanta è sposata con Nonnoprof.

Lavora in una scuola materna. E’ capace di gestire da sola una trentina di esseri scatenati senza perdere il sorriso (né le facoltà cerebrali). Nei tre anni che li ha per le mani li trasforma da frignoni pisciasotto in perfetti e autonomi scolaretti pronti per le elementari. I genitori programmano la nascita del secondogenito in modo che finisca nella sua classe. La riempiono di regali, la fermano per strada. L’ultimo giorno di scuola piangono come agnelli al macello: “Non troveremo mai una maestra come lei”.

Nonnasanta non ha nessuna intenzione di andare in pensione. Anzi. Si cucca pure gli straordinari. Perché appena torna a casa l’aspettano i miei adorabili Bubini.

Con loro le strategie della materna non funzionano. La maestra diventa nonna. E tutta la straordinaria professionalità acquisita in decenni di esperienza va a farsi benedire.

A scuola Nonnasanta ne addormenta venti in un colpo solo. Ma si piega a scarrozzare la Bubi in passeggino con trenta gradi all’ombra purché dorma almeno una mezz’ora.

Nonnasanta riesce a far mangiare da soli tutti i suoi alunni, che a fine anno ingollano allegramente persino le odiatissime verdure. Ma rincorre la Bubi con il piatto e la imbocca davanti alla tivù se lei sta passando uno dei suoi (tanti) periodi di inappetenza.

Nonnasanta sopporta con nonchalance le lagne e i pianti dei treenni durante l’inserimento. Ma crolla nel panico assoluto se il Patato frigna più di due minuti. “Che stia male?”

A scuola Nonnasanta intrattiene i piccoli con canzoni e racconti. A casa l’ho sentita più volte decantare le virtù salvifiche di un buon dvd.

La Bubino-dipendenza per Nonnasanta è ormai in fase avanzata. Dopo esserseli sciroppati per tutta la settimana, è capace perfino di invitarci a pranzo la domenica. E di prepararci un pasto da gourmet con annesso babysitteraggio. A fine giornata le viene addirittura in mente di offrirsi volontaria per lavare quelle due valigie piene di roba del mare, che giacciono intonse da settimane.

Basterebbe molto meno per farla santa subito.

Tossicodipendenze

I Bubini creano dipendenza.

L’ha dimostrato il Papais quando eravamo al mare. Tra un mojito e un amaro mi inviò il famoso sms: “Odio questo tempo libero”. Non credo che lo cancellerò mai. Potrebbe sempre tornare utile a scopo ricattatorio.

L’ha dimostrato il Nonnoprof, che è stato il mio insostituibile “ragazzo alla pari”. Dopo tre settimane con noi, mentre si godeva le meritatissime vacanze in Sicilia, ancora aveva il coraggio di dire che i Bubini gli mancavano.

Il Nonnoprof è una figura mitica nella vita dei miei Bubini e non ho ancora parlato molto di lui in questo blog solo perché non ho ancora trovato le parole giuste. Il Nonnoprof era un papà uscito dal Sessantotto, che ci faceva il bagno e ci leggeva storie. Era generoso, instancabile, fantasioso, paziente, allegro e attento. E ora è irrimediabilmente, definitivamente Bubino-dipendente.

L’infezione è scoppiata con la Bubi. A dieci mesi, le preparava pappe e le cambiava pannolini con l’abilità di una nanny inglese. A 12 mesi, insisteva perché non andasse al nido. A 18 mesi le insegnava nomi impronunciabili di piante e fiori. A 24 mesi le mostrava affreschi e mosaici.

Con l’arrivo del Patato il morbo è dilagato senza ritegno. Il Nonnoprof si presentava alle 8 del mattino per darmi una mano. Se ne andava alle 6 della sera con l’immancabile patacca di rigurgito sulla spalla e con il sorriso estatico di chi si è appena sparato la sua dose.

Al mare non ha dormito. Non ha letto. Non ha riposato. Ma alle sei della mattina scattava al primo vagito del Patato. E mentre noi ci scambiavamo le prime coccole, veniva a osservarci. Discreto. Con gli occhi umidi.

Momenti di assoluto godimento

In genere durano poco. Ma la felicità di mamma Giulia viene anche da questi piccoli lussi quotidiani.

Intanto, finché sono in maternità, possiamo svegliarci con calma. E concederci il piacere assoluto di una buona mezz’ora di cocccole nel lettone prima di cominciare la giornata. La Bubi che abbraccia il Patato. Lui che la ricambia con i suoi adorabili gorgheggi. Io che li divoro entrambi di baci, gli faccio il solletico, li spatacchio.

Se qualche nonno è tanto gentile da guardare il Patato, il riposino del pomeriggio io e la Bubi lo facciamo nel lettone. Me ne frego delle regole. Dormire con il proprio bimbo è un godimento troppo grande per non concederselo mai. E pazienza se prima di crollare la Bubi si trasforma in un lottatore di wrestling. Sopravvivo ai calci e ai pugni, solo per godermi il piacere del suo corpo che piano piano si rilassa, si abbandona. E poi la osservo addormentata. La sua pelle di porcellana, la sua bocca a cuore, le sue lunghe gambe rannicchiate. E le manine unite sotto la guancia, l’archetipo dell’angelo che dorme.

La sera è il momento del massaggio al Patato. Beatitudine estrema. Affondo le mani e la faccia nella sua morbida ciccia. Aspiro a pieni polmoni il suo odorino da neonato. Gli spernacchio il pancino. E lui che si lascia viziare, contento di questo (raro) momento solo con la mamma. Mi ringrazia con urletti di gioia, la bocca aperta, gli occhi espressivi che ridono felici.

Mia madre ogni volta mi assilla: “Fotografa! Riprendi!”. Forse ha ragione lei.

Ma che volete. Preferisco registrare con la mente questi istanti, sperando di riuscire a tirarli fuori nei momenti bui.