Quando dormire è un problema

Cara mamma,

sai che quando ti scrivo io in genere sta arrivando il predicozzo. Non ti lamentare, dai, che non ti scrivo così spesso.

Siete orgogliosi di me e lo so. Perché son diventata molto autonoma (questa è la parola che usano le maestre). Mi so mettere le scarpe, i calzini, le braghe, la maglia e la felpa. Tutto da sola. Anche il giubbotto. Datemi il mio tempo. Se vi offrite di aiutarmi divento una iena. Voi avete più di trent’anni di esperienza in giubbottologia. Ecchecavolo. Sarà mica un problema se a me ci vogliono cinque minuti invece di uno.

Da qualche giorno mi faccio anche il bidet da sola. Ho sbigottito la mamma, che ha imparato quasi all’alba della pubertà. Ho sbigottito il papà, che non vi svelerò quando ha imparato per pura decenza.

So scrivere il mio nome. Posso scriverlo grande, piccolo e anche medio. Come mi gira. Ma sono sempre molto precisa. Che a me le cose approssimative non mi piacciono.

Però non mi addormento da sola.

O meglio.

Lo faccio a scuola. Quando ho tutte le mie amiche e i miei amici vicino. Che abbiamo fatto una bella banda in classe, eh? Mi diverto un sacco. Quando abbiamo finito di giocare e le mastre gridano “si riordina!”, ce ne andiamo per manina in dormitorio. A destra ho la Sara e a sinistra ho la Serena. Più dietro ci sono Alessandro, Isacco e Davide. Ci sono anche i piccoli, che ogni tanto frignano un po’. Ma io metto la testa sul cuscino e in due secondi mi addormento. Non sento nemmeno la fine del racconto della maestra.

A casa è tutta un’altra storia.

Non la sento proprio, la stanchezza.

Chiediti perché, mamma.

Non ti vedo tutto il giorno.

Mi vieni a prendere alle 16,20 con gli occhi stanchi e la pelle tra il grigio e il verde. Corriamo al nido dal Bubino, perché vuoi a tutti i costi essere lì entro le 16,30 perché sennò rimane l’ultimo di tutta la scuola. Non ce la fai mai. Poi magari c’è la spesa da fare, i vestiti da sistemare, i letti da rifare, la cena da imbastire. Mi piazzi davanti ad un cartone e pretendi che stia lì. I cartoni mi piacciono. Ma mi piace di più stare con te.

E poi c’è il Bubino che mi mena perché è stanco anche lui. Qualche volta ce la facciamo a giocare insieme. Ma non è facile, lo sai. E’ che lui non capisce che deve giocare come dico io. Esattamente come dico io.

La sera ho bisogno di te.

Della tua presenza.

Se siamo nel lettone è molto meglio. Ti abbraccio il braccio e mi addormento veloce.

Nel mio lettino ci metto un sacco. Ma taaaaaaaaaaaaaaanto.

C’hai provato tante volte ad andartene via. A dirmi “la mamma va giù, fai le nanne”. Ma io proprio non ce la faccio. Ho bisogno di te. Vicina.

Ti raggomitoli sulla sedia e aspetti.

Aspetti che mi venga sonno.

Mentre il Papais è giù che sistema la cucina e poi si guarda Ballarò. Che vorrebbe tanto vederlo insieme a te. Ma quando tu finalmente arrivi hai la faccia di Cher senza trucco e senza chirurgia plastica. E il Papais pietosamente ti dice: “vai a letto, che fai spavento”.

E tu vai a letto. E dopo un po’ di ore arrivo anch’io. Perché sul mio lettino non riesco mai a fare una dormita filata. Mai. Me ne esco a nel cuore della notte, incurante del freddo e del buio pesto. Raggiungo il lettone e mi ci infilo. Tié.

Ho bisogno di te, mamma.

E le poche sere che non ci sei, preferisco aspettarti fino alle undici piuttosto che addormentarmi senza di te. E l’ultima notte che mi hai lasciato dai nonni me la ricordo ancora, perché proprio non ci volevo stare.

Non ti lamentare sempre, mamma.

Non so quanto durerà. Forse ancora per poco.

Ma concedimelo, mamma.

Di avere ancora bisogno di te.

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Inversione di ruoli

Io, in mezzo a loro nel lettone. Il Bubino già addormentato, con un musetto paurosamente dolce. La Bubi che ancora scalpita al mio fianco, cercando la posizione.

Io: “Bubi, sono davvero felice di essere al mare con voi. Anche se non c’è il Papais ce la stiamo cavando alla grande, vero? Vi voglio benissimo, tesori miei”.

Bubi: “Okkei, però adesso si dorme, eh?”

 

Come avrete intuito siamo in pausa vacanze. Mai così necessarie come quest’anno.

Buona estate a tutti!

Narrabant antiqui poetae Sirenas

Mamma, dai che sei stanchissima.

Non mi freghi, Bubi.

Dai, che ti addormenti subito.

No.

Dai.

Ho detto di no. Si dorme nel tuo lettino, questa è la regola.

Mamma, restiamo qui nel lettone. Senti che calduccio.

[Dalle argute labbra della sirena tentatrice sortisce un canto ammaliatore. Resisti, o Giulia, resisti. Con metaforica cera il tuo orecchio tura, che non possa penetrarvi la voce. Delle palpebre tue pesanti non ti curare. Non ti distragga dall’obbiettivo tuo altissimo la lunga e gravosa giornata appena conclusa.]

Coraggio, Bubi. Andiamo in camera tua.

Uffa. Io sono stanca. Non riesco a camminare.

Vieni qua. Ti prendo io. Fai silenzio, che il Bubino dorme.

Il Bubino è proprio bello.

Sì, hai ragione.

Te lo dico tutte le sere, vero?

Sì, me lo dici tutte le sere. Adesso chiudi gli occhietti che è tardissimo.

Sei bellissima, sai, mamma?

[Con le sue lusinghe la sirena perdura, alzando la voce bellissima, suono di miele. Resisti, o Giulia, resisti.]

Grazie, tesoro. Adesso però fai le nanne.

Se una persona cattiva ti dice cose cattive, tu ricordati sempre che sei bella e che sei buona. Ricordati, eh?

Va bene, amore, me lo segno. Ora dormi.

….

Mamma?

Cosa c’è adesso?

Tieni.

Cosa?

Una caccola.

Letto lettino lettone

“Il lettino con le sbarrette è brutto!”

“E a chi lo diamo?”

“Al Patato. Lui è piccolo. Io sono grande.”

“E tu allora dove dormi?”

“Nel lettone”

“Ma non hai visto il letto nuovo?”

“Non lo vollio”

“Ma non ha mica le sbarrette. Guarda, puoi salire e scendere da sola”.

“Mmmm”

“Se ti svegli non serve più che mi chiami. Scendi da sola”.

“Mmmmmm”

“E poi è abbastanza grande ci sta anche la mamma”.

“Bene. Vieni qui anche tu, mami”

Grande. Con un’unica mossa ho vanificato il lavoro di un anno.

La Bubi si addormentava da sola nel suo lettino. Ora mi devo sdraiare con lei tutte le sere.

La Bubi faceva almeno 8 ore di sonno filate senza svegliarsi fino al mattino. Ora si sveglia verso le 4.00 e viene automaticamente in camera nostra. Senza neanche fiatare si infila sotto le coperte come fosse un suo diritto inalienabile.

Certe volte farei meglio a stare zitta.

Momenti di assoluto godimento

In genere durano poco. Ma la felicità di mamma Giulia viene anche da questi piccoli lussi quotidiani.

Intanto, finché sono in maternità, possiamo svegliarci con calma. E concederci il piacere assoluto di una buona mezz’ora di cocccole nel lettone prima di cominciare la giornata. La Bubi che abbraccia il Patato. Lui che la ricambia con i suoi adorabili gorgheggi. Io che li divoro entrambi di baci, gli faccio il solletico, li spatacchio.

Se qualche nonno è tanto gentile da guardare il Patato, il riposino del pomeriggio io e la Bubi lo facciamo nel lettone. Me ne frego delle regole. Dormire con il proprio bimbo è un godimento troppo grande per non concederselo mai. E pazienza se prima di crollare la Bubi si trasforma in un lottatore di wrestling. Sopravvivo ai calci e ai pugni, solo per godermi il piacere del suo corpo che piano piano si rilassa, si abbandona. E poi la osservo addormentata. La sua pelle di porcellana, la sua bocca a cuore, le sue lunghe gambe rannicchiate. E le manine unite sotto la guancia, l’archetipo dell’angelo che dorme.

La sera è il momento del massaggio al Patato. Beatitudine estrema. Affondo le mani e la faccia nella sua morbida ciccia. Aspiro a pieni polmoni il suo odorino da neonato. Gli spernacchio il pancino. E lui che si lascia viziare, contento di questo (raro) momento solo con la mamma. Mi ringrazia con urletti di gioia, la bocca aperta, gli occhi espressivi che ridono felici.

Mia madre ogni volta mi assilla: “Fotografa! Riprendi!”. Forse ha ragione lei.

Ma che volete. Preferisco registrare con la mente questi istanti, sperando di riuscire a tirarli fuori nei momenti bui.

Sviolinata al Papais

Mio marito non è un uomo. E’ un supereroe.

E’ dotato di speciali sensori che controllano il mio grado di sopportazione dell’universo bambinesco e si attivano automaticamente non appena si supera la soglia critica. Può essere un provvidenziale giro in bici con la Bubi, una favolosa crema catalana preparata in tempi record mentre lotto per addormentare le belve, due righe di email capaci di toccare le corde giuste. Quando mi manca veramente un soffio al tracollo, il Papais trova sempre il modo di evitarlo. Magicamente.

Gode di poteri trasformisti paragonabili a quelli di Barbapapà. Quando ci capita per sventura che la Bubi dorma con noi, l’unmetroeottantasei del Papais riesce a comprimersi in una superficie infinitesimale. La sua schiena si trasforma in un morbido cuscino, solo perché l’isterica non apprezza il suo petto peloso. L’intero suo corpo diventa un sacco da boxe per parare i colpi notturni della tenera creatura.

E’ l’unico in grado di competere con la logorrea della Bubi. Durante le sue crisi tipiche da duenne, lui soltanto riesce a farla ragionare con il solo potere delle parole senza ricorrere agli svariati mezzi di coercizione che tenterebbero la mamma.

E’ capace di passare dallo stato solido a quello liquido in pochi secondi. E’ sufficiente la magica formula, che ormai la Bubi sa usare benissimo e perfettamente a proposito: “Papais, sei un uomo bellissimo”. Il Patato non ha ancora affinato le sue tecniche, ma sono sicura che presto ci riuscirà anche lui.

Tra gli strumenti in dotazione con la tenuta da supereroe credo ci siano:

  • una bacchetta magica. Quando la cucina sembra sopravvissuta a un disastro nucleare e io balbetto un “pulirò domani” prima di collassare sul letto, il Papais me la fa trovare magicamente a posto la mattina dopo (lo so che non ha la bacchetta, santo di un uomo, si sveglia prima dell’alba per farmi di queste sorprese).
  • un paio di occhiali speciali. Solo questo può permettergli di continuare a farmi complimenti anche quando ho raggiunto il livello massimo di imbarbarimento fisico.
  • dei silenziatori potentissimi che gli permettono di prepararsi per l’ufficio lasciando dormire il resto della famiglia. I Bubini si sveglieranno più pimpanti che mai non appena lui sarà uscito, ma per una mamma esausta anche dieci minuti di sonno in più sono come la manna dal cielo.
  • dei razzi metaforici che gli consentono di innalzarsi oltre le magagne quotidiane. Si sa che solo guardando le cose dall’alto si trovano le soluzioni (e si riesce a ridere).

Me lo sono sposato io, questo super papà, e me lo tengo ben stretto. Tié.

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