C’è tempo

Sei appena entrato nei “terrible two”.

C’è ancora tempo per il capriccio ribelle, i bracci di forza, le camicie di forza.

C’è tempo, Bubino.

Tu, che i due anni li hai compiuti appena ieri. E hai festeggiato con la camicia a righe come un ometto grande.

Tu, che ti fidi del mondo e salti in braccio a chiunque ti allarghi le braccia (tanto poi ci pensa la Bubi a riportarti all’ordine, che se le toccano suo fratello con lei c’è poco da scherzare).

Tu, che all’asilo sei soprannominato “orsetto”, perché gli altri bambini quando hanno bisogno di coccole frignano. Invece tu ti avvicini zitto zitto, ti siedi in braccio girando il culetto, ti abbandoni molle molle con la testina appoggiata alla spalla della maestra. A quel punto diventa matematico farti una carezza.

Tu, che hai appetito perfino con la febbre a quaranta. Che mangi da solo da più di un anno. Che adori i piselli e di diverti a scovare i fagioloni nella zuppa del nonno. Nel tabellone dell’asilo trovo sempre una fila di “sì”: spazzolata frutta del mattino, spazzolati primo e secondo, spazzolata merenda. Qualche volta, caso unico di tutta la scuola, le maestre scrivono “tanto”. L’aumento della retta arriverà, prima o poi.

Tu, che canti “il pulcino ballerino” e “coniglietto zinzunzan” con quella vocetta dolce dei bambini piccoli. E con la stessa vocetta annunci “scoresa!”. Ed è impossibile non mangiarti di baci. Nonostante la puzza.

Tu, che se ti svegli al mattino e senti che la Bubi è già in piedi, dici “un momento”. Corri ad abbracciarla e poi torni nel lettone a prenderti le coccole.

Tu, che stringi i muscoletti per far sentire quanto sei forte. Stiamo cercando disperatamente di farti capire che non è divertente massacrare l’altrui guancia con le unghie o con i denti. Il problema è che subito dopo tu abbracci il malcapitato, gli molli un bacio umidiccio sussurrando “’cusa”. E il malcapitato in questione, pur sanguinante, non può far altro che crollare.

Tu, che sei cresciuto senza drammi e senza problemi. Un bambino da manuale.

Averti come primogenito ci avrebbe largamente ingannati sulla natura bambinesca.

Ma visto che sei nato per secondo, ora siamo preparati e corazzati.

Ma c’è ancora tempo, Bubino.

Credimi.

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Scusate se son mamma

E così, zitto zitto, Scusatesesonmamma compie un anno.

E voi, zitti zitti, continuate a leggermi.

Vi vedo, eh? Lì seminascosti dalle statistiche di WordPress. Passate di qua di tanto in tanto a trovarmi. Un giorno siete 50, un giorno 7, un altro giorno schizzate a 142. Molti di voi li conosco. Il blog è stato un modo per tenervi aggiornati. Non ci si sente così spesso. Siete lontani. Siete occupati. E tante volte non siete nemmeno genitori. Ma almeno sapete se nell’ultimo periodo da noi si dorme la notte o meno.

Di molti di voi però non ho mai visto nemmeno la faccia. Eppure mi leggete lo stesso. E io leggo voi. Fa un effetto strano. E’ la magia della rete.

Nel primo post di un anno orsono mi presentavo con il mio tragicomico parto con gesso. Continuo a non prendermi molto sul serio. Racconto la mia vita per riderci sopra. La condivido con voi perché vi divertiate insieme a me.

Perché in fondo in fondo sono convinta che una risata li seppellirà.

I capi con le camice allacciate fino all’ultimo bottone. I selezionatori misogini. I genitori perfetti e saputelli. Le mamme féscion. I capricci  incontenibili. Le lotte di potere. Le notti in bianco. I virus. Le sfighe. Le insicurezze.

Auguri, Papais

A te che ti svegli prima dell’alba. Come me.

A te che convivi con il torcicollo, perché dormi in pochi centimetri quadrati. Come me.

A te che a mala pena ti ricordi come è fatto un cinema. Come me.

A te che basta una birra per riprenderti dalle fatiche della giornata e ripartire. Più di me.

A te che combatti l’entropia imperante della nostra casa senza arrenderti. Più di me.

A te che non fai sport da tre anni, ma sei meravigliosamente in forma. Più di me.

A te che trovi sempre l’energia per negoziare con la Bubi in forme civili. Più di me.

A te che sai metterti in discussione e migliorarti ogni giorno. Più di me.

Buon compleanno, Papais.

Sei sempre il migliore.

Tre anni

Piccola personcina. Quanto sei cresciuta.

Ti adoro tutte le volte in cui ripeti quasi urlando “fasso io!”. Hai ragione tu, Bubi. Fai da sola. Non mi interessa nulla se il succo te lo rovesci addosso. Se infili due piedi nella stessa gamba dei pantaloni. Se ingoi il dentifricio quando ti lavi i denti. Fai da sola, tesoro. Sei bravissima.

Stai imparando a giocare con tuo fratello. Quel Patato che ride per ogni tua smorfia. Che impazzisce di gioia quando torni da scuola. Che schiaccia il suo indice ciccio sulle figure dei libri che gli mostri. Sei molto paziente con lui, Bubi. Lo so che ti infastidisce non poco quel rigo di bava sui tuoi giochi. Non ti preoccupare. Te li asciugo io.

I tuoi “pecché?” sono esplosi ultimamente. Ma adoro anche quelli, Bubi. Come quando mi hai chiesto di chi era il viso dolce stampato sulla prima pagina del quotidiano. Era di Sakineh. Mi hai riempito di domande fino a quando hai capito per filo e per segno la sua storia. Come per magia ho visto nascere la tua coscienza civile: “Allora andiamo tutti quanti, il papà, la mamma, io e il Patato, da quegli uomini cattivi. Gli diamo tante botte. E la liberiamo”.

Sei forte, tesoro mio. L’ha detto anche il tuo amico Isacco: “Le femmine della mia classe sono noiose. Ma la Bubi è un’altra cosa”. Tu sei diversa, amore. Quando cadi ti metti a ridere. Ti piace far vedere quanto corri velocissima. Ti arrampichi come un ragno sulla piramide di corde ripetendoti: “Io ce la farò!”. Tieni testa a tutti i maschi con cui ti capita di giocare. Senza paura. Senza timidezza. Ti butti nella mischia. Come ti butti in tutte le cose che fai.

Continua così, Bubi.

Il papà e la mamma sono davvero fieri di te.

Tanti auguri, piccolina.

Compleanno indiano

Sabato c’era la festa di Love, il bambino indiano col nome da drag queen.

La mamma di Love viene dal Punjab. Ha i capelli lunghissimi, 28 anni, quattro figli e nonostante questo sembra completamente sana di mente.

La casa di Love ha un giardino e nel giardino c’era una gatta con i suoi due gattini. Io me ne sono preso uno e l’ho tenuto in braccio tutto il tempo. La mamma mi ha chiesto tante volte se mi aveva graffiato. Io ho detto sempre di no. Era una bugia. Ma chi se ne frega.

La casa di Love ha una cucina che odora di cipolle e curry. Dentro c’erano tanti signori affaccendati con cosce di pollo, verdure e riso. Uno di loro era lo scef di un ristorante famoso e dava ordini a tutti. Gentilmente però. La mia mamma e il mio papà si sono strafogati di frittelle speziate. Le volevo anch’io ma loro mi hanno detto che erano piccanti. Il fratello di Love però le mangiava. Secondo lui non erano piccanti affatto.

Quando abbiamo cantato la canzone, tutti si sono messi ad applaudire e la mamma di Love ha scoppiato i palloncini con l’accendino. A casa nostra non lo farebbero mai. Noiosi.