Saggezze Bubine

Diverso tempo fa, in un momento di particolare sconforto, la Bubi mi diede il consiglio che trovate qui.

Con la celerità che mi contraddistingue, a distanza di oltre un anno finalmente ho trovato la forza di seguirlo.

E, gente, accidenti se aveva ragione.

C’è che

C’è che una settimana fa hai compiuto quattro anni.

C’è che avrei voluto dedicarti un post. Perché questo è anche e soprattutto il nostro diario. Ci scrivo sopra delle cose per non dimenticarle negli anni a venire.

Volevo scrivere di te, di quando torni a casa con le braccia piene di segni di pennarello, perché con la Vale vi siete fatte “gli statuaggi”.

Di quando mi dici che hai cambiato colore preferito, che non ti piace più il blu, ma il “fuxian”.

Di quando fai una promessa e sottolinei: “La mia non è una promessa di marinaio, eh? Perché il marinaio prima ti dice che ti sposa e dopo parte con la nave.”

Di quando andiamo a prendere il Bubino in asilo e tu vuoi sempre entrare per prima. Così quel botolo ciccio ti butta le braccia al collo esultante, gridando: “Sorella Bubi!”.

Di come ci tieni a fare una cosa alla volta, al contrario della tua mamma. Se ti parlo mentre sei seduta sul water, mi dici: “Aspetta, mamma, che mi sto concentrando”.

Di quando con il Nonnoprof discutete dei “cartoni antiquati”, dove le donne non sono mai i capi. Ti metti a riflettere su quali sono quelli meno antiquati, dove le donne sono avventurose e coraggiose, comandano eserciti, equipaggi, popoli. Ma alla fine non riesci a trovarne nemmeno uno e concludi, seria seria: “Dobbiamo assolutamente cercarli.”

Ma c’è che la tua mamma in questo periodo non sembra più la stessa.

Lavoro, Bubi. E tanto.

E non so bene cosa questa parola significhi per te.

Vorrei raccontarti che il lavoro gratifica. Che non si lavora solo per i soldini, ma anche per se stessi, e per il proprio paese, e per le persone che ci circondano. Che il lavoro ha un valore sociale.

C’è che invece il mio, di lavoro, sembra solo una serie infinita di ore. Dieci. Undici. Anche dodici ore al giorno.

Ore sottratte a voi Bubini. Certe volte fai i capricci, Bubi. E se ci riflettiamo insieme scopro che li fai proprio perché non ho trovato in tutta la giornata un momento per giocare insieme.

Ore sottratte al Papais. Che non fa i capricci come te, Bubi, ma ne avrebbe tutte le ragioni.

Ore sottratte ai mille progetti che mi ronzano in testa e che non riesco a concretizzare. Progetti che mi darebbero sicuramente più soddisfazioni. Mi farebbero più felice. Soprattutto in questa fase di passaggio, che tutti ci aspettiamo storica, ma se continuiamo a stare alla finestra non porterà da nessuna parte.

C’è che sono stanca. Come la stragrande maggioranza dei genitori che lavorano. Come lo erano i miei genitori, con due figli, due lavori, e nessun aiuto esterno. Come lo era mia nonna Cecilia, con dieci figli e senza lavatrice. Come lo era mia nonna Caterina, che di figli ne aveva “solo” tre, ma se li doveva gestire insieme all’unico bar del paese.

C’è che vorrei spiegarti che certe volte semplicemente mi mancano le forze. E che quando una si sveglia tutte le mattine alle 6 e si cucca dieci ore di lavoro filate, sentire la tua vocina che reclama: “giochiamo, mamma?” suona come un brutto sogno.

C’è che certe volte vorrei che tu e il Bubino aveste un interruttore. Di quelli che basta premerlo e vi addormentate. Ma sarebbe sufficiente se vi metteste d’accordo. Se quando il Bubino ha sonno ce l’avessi anche tu, e viceversa. Cosa rarissima di questi tempi.

C’è che mi sento talmente a terra da non sapere da dove cominciare per tirarmi su.

C’è che prima o poi ti dovrò spiegare anche un’altra cosa.

Ovvero che cos’è la crisi premestruale.

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Cose che fanno curriculum

Dunque, no, la Bubi ha preso la Tachipirina alle 4.30 stamattina, quindi niet prima delle 10.30.

Febbre del Bubino? 38. Ok, a lui posso darla. Metà del peso in ml. Fanno 6 ml.

Antibiotico ore 13. Tra 8 ore il prossimo. Solo alla Bubi, però.

Aerosol con cortisonico? Alla Bubi. Aerosol con fisiologica? al Bubino. Tre volte al giorno. Che per due fanno sei.

C’è Nonna Santa. Ottimo. Lei fa l’aerosol. Io addormento prima uno poi l’altra.

Messi a letto. Bene.

Chi è che piange? La Bubi. Certo, tossisce e si sveglia ogni dieci minuti e mi vuole vicina.

E ora chi è che piange? Il Bubino. Poverino, zuppo di sudore.

E ora di chi è ‘sta tosse che sembra venir fuori dal più profondo delle caverne dei Neanderthal? Della Bubi. No, del Bubino. No, di tutti e due.

Sto riflettendo su come potrei valorizzare il mio CV.

Che ne dite di questo?

Spiccate doti di calcolo

Oppure:

Innata propensione alla customer satisfaction, specie di clienti con esigenze diversificate

E ancora:

Abilità nella gestione dei collaboratori e nel team building

And last but not least:

Ottima capacità di gestione delle emergenze, sia diurne che notturne

Paradossi

“Due paradossi sono meglio di uno”, ha detto il fisico Edward Teller, “possono perfino suggerire una soluzione”.

Quindi a questo punto io dovrei esserci molto vicina. Alla soluzione.

E’ che mi trovo immersa fino al collo nei paradossi. O meglio sono io il paradosso vivente.

Ho un lavoro part-time, non impegnativo, nessuno si scompone se mi assento visto che le mie mansioni sono né più ne meno quelle di una stagista. Questo mi permette grandi e inaspettate libertà, compresa quella non secondaria di riuscire a gestire i Bubini in discreto relax. Eppure vagheggio responsabilità, progetti, impegni. Telefonate che arrivano nel fine settimana. Appuntamenti inderogabili. Riunioni. Trasferte. Sogno di poter utilizzare almeno in parte il cervello che madre natura mi ha regalato. Anziché tenerlo in parcheggio per il resto dei miei giorni.

Adoro i miei Bubini. Adoro passare il tempo con loro. So bene che non resteranno piccoli a lungo. Che devo godere appieno di questi momenti dolcissimi e unici. I baci umidicci del Bubino. Le frasi celebri della Bubi. Il “ci-son-due-coccodrilli” cantato a squarciagola ballando con il culetto e con le mani. La Bubi che incrocia gli occhi urlando “Gong!” e il Bubino che letteralmente si piega dalle risate. Eppure non mi basta. Non riesco a immaginare una vita intera fatta solo di questo.

Se me lo chiedete rispondo di “sì”. Senza esitare. Sono felice. La mia vita è felice. Sono innamorata di mio marito e dei miei bambini. Non farei cambio con nessuno al mondo. Eppure sono rovinata dalla dermatite. Una dermatite che non mi dà tregua, di cui non si trova la causa. Mi gratto e mi gratto. Di notte e di giorno. Malattia psicosomatica, dicono.

Se due paradossi sono meglio di uno, forse un centinaio di loro sommati insieme mi daranno la soluzione.

Almeno spero.

 

 

Lunedì

“Bubino mio adorato, cucciolo santo, luce dei miei occhi, dì: M-A-M-M-A”

“PAPA’!”

“Stella del mio cuore, amore mio bello, gioia della mia vita, prova ancora. Dì: M-A-M-M-A”

“PAPA’!”

“Cuoricino, dai che lo sapevi dire bene una volta. Tesoro infinito, dì: M-A-M-M-A”

“PAPA’!”

Certo che i figli ti sanno dare la motivazione giusta per affrontare il lunedì.

Interview

“No, perché vede, non metto in dubbio che lei sia una persona valida, ma io ho bisogno di qualcuno che mi presieda la posizione.”

Ma cos’é, una poltrona da primo ministro? Guai a chi la molla?

“Le spiego, se mi arrivano dei giornalisti mettiamo la domenica pomeriggio e mi avvisano con mezz’ora di anticipo, ci deve andare lei. E come fa?”

Beh, mi porto dietro i bambini, è ovvio. E magari improvviso un cambio di pannolino davanti a loro.

“Perché vede, poi i bambini si ammalano”.

Se è per questo anche gli adulti.

“Devono essere portati a scuola, in piscina, al nido”.

Bah. Siamo in due. Ci si organizza.

“Non voglio dire che serva lavorare 12 ore al giorno. Ma chi ha figli ha la testa da un’altra parte. E’ inevitabile.”

Cazzate. Voglio vedere se avrebbe detto lo stesso ad un uomo con figli.

“Non mi fraintenda, io non ho niente contro le donne con figli. Sono una donna anch’io”.

E meno male.

Sono sempre più convinta che le peggiori discriminazioni le facciano proprio le donne.

Consigli da Bubi

Io: Come è andata la tua giornata, Bubi?

Bubi: Bene, e la tua?

Io: ‘nsomma, non sono molto felice di come vanno le cose in ufficio.

Bubi: Perché?

Io: Mi stanno trattando un po’ male.

Bubi: Ho un’idea, mamma.

Io: Dimmi, tesoro.

Bubi: Tu vai via dal tuo lavorare così dopo tutti ti chiedono scusa.

Io: E’ un’ottima idea, Bubi. Un’ottima idea.

Se non ora quando

Ecco. Adesso faccio un po’ la bambina io.

Perché quello era un cliente mio.

L’ho cresciuto. Vezzeggiato. Viziato.

Non si è mai lamentato di me.

Ma ora il viaggio premio tocca alla Giovane Collega Senzafigli. Brava. Sveglia. In gamba. E soprattutto libera da impegni familiari.

Invece io resto qua. Alla finestra.

Certo.

Il viaggio premio magari non avrei potuto permettermelo.

Ma restare ad aspettare che qualcuno si accorga che ho ancora un cervello oltre ad un utero è davvero frustrante.

Ecco. Volevo solo farvelo sapere.

Bubinopatia

In giovine età soffrivo un po’ di metereopatia. Con la mammità, invece, sono diventata Bubinopatica.

Nel senso che il mio umore è indissolubilmente legato al loro. Sono serena se lo sono loro. Sono incazzosa se lo sono loro. Basta uno dei due. E quando lo stesso mood lega entrambi, gli effetti su di me si amplificano al punto da diventare letali.

E’ un periodo d’oro per la Bubi. In poche ore può passare da uno stato di euforia saltellante alla peggiore crisi isterica.

Svegliandola al mattino non so mai quale Bubi mi accoglierà.

Se sarà quella rabbiosa e aggressiva, comincerà ad urlare perché ho acceso la luce, perché non le ho messo bene la fascia tra i capelli, perché la manica si è incastrata mentre la vestivo, perché il latte è troppo freddo o troppo caldo. Mi prenderò probabilmente un fracco di legnate. Il Bubino si sveglierà di soprassalto, preso dal panico. E ci vorrà un buon quarto d’ora per calmarlo. Io arriverò in ufficio in ritardo, con umore pessimo, pronta a mangiar vivo il primo collega che mi capiterà a tiro.

Se ad accogliermi sarà la Bubi dolce e accomodante, mi prenderà il viso tra le mani e mi dirà: “Non farò mai più i caprissi, mamma. MAI PIU’”. Mi riempirà di baci e mi stringerà con le sue braccine magre. Faremo colazione in una nuvola di confidenze e di chiacchiere. Mi saluterà allegra augurandomi “Buona giornata!”. E io entrerò in ufficio, sempre in ritardo, ma leggera come una piuma, convinta che mia figlia sia la creatura più adorabile della terra e che io sia la mamma più fortunata del mondo.

Per la sera stesso discorso. Ma non è detto che la Bubi che mi ha accolto al mattino, sia la stessa che vado a prendere a scuola.

Qualche malalingua in vena maschilista potrebbe sentenziare che di donna si tratta, anche se in miniatura. Ma tu, malalingua, non pensare che il Bubino sia da meno.

Se di solito è un adorabile e sorridente patatone, nelle sue giornate storte ogni gesto minimo diventa una lotta infernale. Si divincola come una tigre per non farsi mettere il giubbotto. Mi sputa addosso la cena. Si butta per terra urlando se oso infilargli le scarpine. Balbetta monosillabi incomprensibili, arrabbiandosi di brutto se non capisco.

Forse sono stanchi. Non dormono abbastanza. La messa a letto è una lotta ogni volta e non si finisce mai prima delle 22,00.

Forse sono capricciosi e viziati. Non gli diamo abbastanza regole.

Forse vengono rapiti dagli alieni che li sostituiscono temporaneamente con dei cloni difettosi.

O forse sono io. Dovrei combattere la Bubinopatia, mostrarmi sempre allegra ed empatica, andare loro incontro dandogli io una direzione, senza farmi trasportare da loro. Il Papais è molto più bravo di me in questo. Io no. E tanto per crogiolarmi nell’autocommiserazione, aggiungo che sono proprio una pessima mamma. Stanca e stufa.

Almeno fino al prossimo cambio di umore.

 

Domande

Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo.

La fatidica RIUNIONE DI SABATO MATTINA.

Quella che diremo-cose-molto-importanti.

Quella che non-puoi-mancare.

Quella che te-lo-dico-prima-così-ti-organizzi (dove “prima” significa ben due giorni di preavviso).

Quella che porco-cane-dove-li-piazzo-i-Bubini.

A chi glielo spiego che sabato è un giorno triangolino? Ho costellato il calendario di giorni con il quadratino (quando si va a scuola) e giorni con il triangolino (quando si sta a casa). Per la Bubi il triangolino è sacro. Nel giorno triangolino ci si sveglia con calma, ci si coccola mezz’ora sul lettone, si gioca in salotto prima e dopo colazione, si esce tutti insieme. Tutti insieme. Mamma, papà, Patato e Bubi.

Il giorno triangolino è un diritto inalienabile.

A chi glielo spiego che andare in ufficio nel giorno triangolino equivale per la Bubi ad un immane e imperdonabile tradimento?

Eh? A chi glielo spiego?